Buco nero buco bianco il buco delle attese, tutte case già arredate e io cammino tuttora senza memoria con solo questo spessore calmo ai piedi qualche vertigine talvolta tanto non è sempre un bellissimo strappo quello che non posso fare a meno di somministrare a dosi casuali al mio specchio.
Delle due quale sia la figura più nitida è tutto da dimostrare e all’improvviso gli irrilevanti scompaiono, loro e le loro poche cose ingombranti di memoria mutuo buono per figli soli e inermi.
Strappato il nylon dalla mia bocca perché sapessi dirmi la verità, bucato il nylon dagli occhi perché guardassi il colore marcio dell’autunno nella campagna quando nebbia spinge il buio dentro più di quanto io abbia mai saputo fare a me sola.
Questa pelle sintetica nuova e lacera riguarda il peso della leggerezza i grammi lontani dall’anima i gradi del possibile i gradini per le nostre ore.
Bruciare è splendere nei buchi della trama dei nostri volti ci raccogliamo per chi siamo sempre stati negati, e dopo, che bella affermazione negare un noi.
figlia maggiore del caso
tenuta insieme da uno sputo
orrore tiepido al risveglio
cotone in gola
non basta una guerra alla strada
alle evidenze naturali, al controllo
a scolare il ventre da una occupazione stabile
la verità è un giaciglio di fortuna
la bocca fertile
il caso nuovo.
la vena scalcia e sudore crolla tra le ciocche
il pianto dell’estate sui corpi mostrati
molte inesattezze accarezzate con una storia
corpi riprodotti, corpi difformi
la carne che chiama, la carne che duole
le vergogne private svestite nel sostizio
seni gonfi e privi di seme
le crepe lucide sul rosa delle gambe scoperte
spazio molle occupato nella dimensione qualunque.
saremo una cosa sola sola con il nulla che rimane
e non avremo pace
perché siamo soli con la nostra poca presenza.
per chiedere perdono ai grumi
l’edera cullata dal buco nell’indice
ha tollerato strette di lacci fermi
scendere o salire la ruota è un canto.
una emissione di suoni come spilli dalle arterie
questa chimica sterrata che acchiappa il vero e lo divora
si chiede senza modi uno specchio
stillicidio di pellicine dalla scatola cranica
un segno impaziente per tracciare una sedazione
non bella, non precisa, non corretta, ma buona.
come a dire non sei sola
le spalline di Grace Jones
i cani stilizzati sui muri
l’assenza di Ghirri
l’inverno è il moto da questo corpo
di una vergogna di peccati da piangere piano
nessun tocco i corpi apparecchiati
e la pelle cancellata e bianca.
rigare dritto negli spazi più alti nella colata del gelo
staccarsi senza pensiero a passo avido
sfocare le ossessioni
restare elemento nel blu elettrico di panno dentro il fumo,
avere tepore.
essere stati cosa o poco oppure vuoto
le fasi nominali non ci somigliano mai
noi non siamo insieme mai
l’abitudine è somiglianza
oppure quelle strade a senso unico.
Estirpare dalle pareti del modo lo specchio
confondersi, scomparire
la realtà non è un caso personale.
cellule seriali tenute insieme da una garza
il raduno della forma a scatti, il rosso nella bocca
numerosi allagamenti, il corso necessario delle nuvole quando il tempo basta
la corsa degli insetti dietro il comodino a voce alta non è una scusa
le stagioni sempre e quella garza, quella pancia deforme, la vita un plastico di cera
senza protezioni senza lacrime senza parentesi.